Info | Pagine: 92 |
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Tra luci e ombre mi aggiro – versi e disegni
14,00 €
Una fessura rosa
di luna
e un abbraccio
improvviso
di un bambino
piovono sul mio cuore
emozionandolo.
14,00 €
Una fessura rosa
di luna
e un abbraccio
improvviso
di un bambino
piovono sul mio cuore
emozionandolo.
Categoria: | Poesia |
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Info | Pagine: 92 |
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L’azione dello scrivere è capace di restituire concretezza e dare forma a sentimenti che solitamente scorrono via.
C’è bellezza nel donare, bellezza nel ricevere. Se questi haiku, brevi componimenti poetici nati nel Seicento in Giappone, si muovono verso una destinazione significa che c’è ancora desiderio nel mondo, c’è armonia, ci sono potenziali lettori a cui questi “scatti poetici” (solo diciassette more) possono s-velare qualcosa. O scatenare frammenti d’immaginazione. Si può rimanere impigliati con tutto il corpo nell’amore presente in questo tipo di scrittura o che da alcuni haiku “erompe”, scompiglia le anime, fa rumore… come certi silenzi che accolgono il cambiamento.
Questa raccolta celebra la dolcezza della vita che sboccia, il miracolo della nascita, è un canto di benvenuto per una nuova anima che porta con sé la speranza del domani.
I versi sono accompagnati dalle raffinate e intime illustrazioni di Lucia de Marco.
In un celebre saggio, apparso su «il manifesto» il 12 ottobre 2006, Lorenzo Imbeni sosteneva che «gli oggetti – vale a dire la realtà artificiale con cui intrecciamo un continuo rapporto nel quotidiano – si pongono come nodi complessi di relazioni attraverso cui esercitiamo il nostro legame operativo con il mondo, un rapporto multidimensionale che si esprime non solo nella funzionalità dei nostri atti fisici, ma anche nei significati simbolici, nelle immagini percettive, nelle relazioni sociali».
Del resto da Husserl in poi l’analisi strutturale dell’esperienza pura e senza mediazioni dei fenomeni
da parte della coscienza ha sempre privilegiato gli oggetti della quotidianità come centro dell’incontro con l’atto percettivo.
Ora queste poche pagine vogliono essere, a loro modo, un contributo allo svelamento dell’occulto che c’è nella esperienza ordinaria, secondo la lezione heideggeriana dell’agire progettante e del “fare con” gli oggetti, invece che del “pensare di” essi, mettendo definitivamente da parte tutto ciò che presumiamo di sapere sulle cose.
Ma forse è solo un gioco.
Ciò che conta è avere imparato le piccole cose in cui la grandezza della vita si copre… ad avere il mondo davanti agli occhi e non soltanto in cuore… e non vergognarsi di guardare il denaro contato con pigre dita dal fattorino. Ciò che importa soprattutto è aver imparato a riconoscere ciò che è inferno da ciò che inferno non è e costruire un paese dove riconoscere l’altro come amico, in un senso comune che non sia più il disagio, ma l’amore per la vita e ciò che la rende tale, la meraviglia di un inaspettato bello. Finalmente zittire l’inutile oracolo che ripete: “sono tutti morti”, sostituendolo con un libro che dica: “noi siamo ancora vivi, la poesia non è finita”.
Dopo alcuni anni, l’Autore torna all’amore per la poesia e “canta” la sua terra, la Murgia pugliese, ricca di suggestioni che spaziano dai ricordi dell’infanzia alla descrizione dei luoghi, delle tradizoni, del tempo che scorre.
Savelletri assurge, in questa raccolta, a cuore di un territorio lirico nettato, essenzializzato, vivificato infine da quell’umano miracolo che è, sempre, la parola poetica.
Solo tre versi per diciassette sillabe e tanta vibrazione di silenzio compiono e definiscono, senza mediazioni metaforiche e/o sovrastrutture razionalistiche, l’esperienza in sintesi irriproducibile, sensoriale, percettiva e speculativa. È l’haiku.
Dalla prefazione di Joseph Tusiani:
Amore / Ombre / Natura / Digressioni dell’Io
La congiunzione delle generazioni è premessa di armonie semplici, ma profonde; lo è anche lo spettacolo della natura e perfino le squassanti pulsioni interiori. Una raccolta di versi da cui traspare l’immacolata ingenuità del sentire puro: in cui amore, ombre dell’anima e riflessioni della mente si mescolano con un incalzare nudo, quasi diaristico, vivificati dalla rima usata sempre argutamente.
Mentre rumoreggiano schermaglie di vacui duelli su come si scrive, su come si legge il dialetto barese, che molti vorrebbero lingua viva, ma la feriscono con termini desueti e pronuncia arcaica, altri si attardano con pensierini e dedicucce, tanti si dicono poeti e tanti detentori del verbo… arriva lui, Davide Ceddìa, con il dialetto 2.0 a dimostrare che il dialetto è lingua viva perché si nutre di cultura e si aggiorna come tutte le lingue vive.
Alla base, dunque, un bel bagaglio culturale, una bella sensibilità artistica, musicale, attoriale e poi un giovanile entusiasmo con cui affronta impegni artistici e poetici.
È davvero una bella soddisfazione constatare che la gente non è quel “popolino” che molti vorrebbero ammansire con dialetti sguaiati al servizio di risate grasse e volgari. Il popolo di F.B. ha promosso la raffinata e colta ironia di Davide che usa il dialetto barese per far ridere e sorridere, per commuovere e pensare. Così come deve essere. Poi ci sono le sue canoni, le sue musiche, le sue interpretazioni e la sua chitarra. Credo che Davide lascerà un bel segno del suo passaggio.
Vito Signorile
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